Le voci di Isabella Ferrari, Elio de Capitani e Massimo Popolizio per i tre melologhi di Silvia Colasanti dedicati all’antico mito greco, frutto di una collaborazione tra Festival Toscanini e Festival del Teatro Antico di Veleia

27 giugno, 12 e 14 luglio presso l’Area Archeologica di Veleia Romana di Lugagnano Val d’Arda (Piacenza) alle 21.30 

 

Entra nel vivo la nuova collaborazione tra il Festival Toscanini e il Festival di Teatro Antico di Veleia con il primo dei tre speciali appuntamenti accomunati dal nome di Silvia Colasanti – già compositrice in residence nella Stagione 2021- 2022- in programma il 27 giugno, il 12 e 14 luglio presso l’area archeologica di Veleia Romana di Lugagnano Val d’Arda (Piacenza) alle 21.30.

In programma l’esecuzione di tre creazioni della compositrice romana ispirate alla storia o a un personaggio della mitologia greca: tre melologhi per voce recitante e orchestra che saranno eseguiti dalla Filarmonica Toscanini e da attori noti ed amati del teatro di prosa: il 27 giugno sarà Isabella Ferrari la protagonista, insieme alla Filarmonica diretta da Oksana Lyniv (direttrice musicale del Teatro Comunale di Bologna) e al Coro Ponchielli Vertova di Cremona diretto da Patrizia Bernelich: interpreti di Arianna, Fedra, Didonetre monodrammi per voce, coro femminile e orchestra.

Il 12 luglio per Arianna e il Minotauro, con l’orchestra diretta da Keren Kagarlitsky, sarà Elio De Capitani la voce recitante che personificherà il minotauro, mentre il 14 luglio, l’attore Massimo Popolizio interpreterà il melologo Orfeo.

«I tre melologhi incastonati nel Festival di Veleia sono profondamente rappresentativi della mia concezione e nel contempo rivelano indirettamente i motivi dell’attenzione che rivolgo a questo tema -spiega Silvia Colasanti-. Per me il mito è il modo universale ed eterno, quindi è proprio anche del presente, di parlare dell’uomo e delle sue contraddizioni. Il mito ci consegna storie esemplari che ci appartengono in modo profondo; lo dice bene Sallustio in questa frase Il mito non è mai stato eppure è sempre. Inoltre, mi affascina ed è stimolante, per la mia creatività, pensare alla sua potenza arcaica ed alla sua attualità al tempo stesso. Possiamo dire, che l’animo umano, ancora oggi, è quello descritto dal mito».

Ogni melologo presenta una diversa scrittura drammaturgica. Arianna, Fedra, Didone del 27 giugno, è costituito a sua volta da tre monodrammi per attrice, coro femminile e orchestra su testo tratto dalle Epistulae Heroidum di Ovidio, interpretati da Isabella Ferrari, che sono lettere immaginarie d’amore, di lontananza, di morte, improntate al tema dell’assenza dell’amato, caratterizzate dal tono nostalgico per un passato felice e dal disperato desiderio di riviverlo.  In Arianna e il Minotauro del 12 luglio su libretto di Giorgio Ferrara e René De Ceccatty, la consueta dialettica tra parola recitata e musica che caratterizza la tradizione del melologo, si intreccia anche con il canto, in una moltiplicazione ulteriore di possibilità espressive. Interpretato da Elio de Capitani, il Minotauro, viene considerato non come un carnefice ma come una vittima. Sempre da Ovidio, ma tratto dalle Metamorfosi, Orfeo del 14 luglio interpretato da Massimo Popolizio è in terza persona e si presenta come un ‘concerto’ per voce ed ensemble, con un’alternanza calibrata tra musica e parola. La musica ha una funzione drammaturgica molto intensa, la funzione cioè di esprimere uno stato primordiale del pensiero, quando questo non è pensare, ma è ancora… sentire.