Dedicato a quanti sono convinti – ci auguriamo siano molti – che la musica sia anche utile
Così scrive Britten in proposito: “Non scrivo per i posteri. Voglio che la mia musica sia ‘utile’, e che l’arte sia considerata una parte essenziale dell’attività umana”. E ancora: “A volte penso che cercare un nuovo linguaggio sia diventato più importante di quello che si vuole dire. Ho sempre pensato che il linguaggio fosse un mezzo, non un fine”. Britten riflette sull’argomento offrendo con la sua opera, palesi dimostrazioni, come le Variazioni e fuga su di un tema di Purcell -ovvero la Guida del giovane all’orchestra- che è ‘utile’ per approfondire un aspetto peculiare della musica come il valore espressivo del timbro, e trasmetter il messaggio si diversifichi a seconda degli strumenti che suonano: lo fa partendo da un tema fascinoso ed elegante (una hornpipe en rondeau tratta dalle musiche di scena composte da Purcell nel 1695 per la tragedia Aphra Behn Abdelazer). E’ un’esperienza utile, perché unica, prender contatto con la bellezza di un’opera d’arte tra le più amate, come il Concerto n.1 per pianoforte di Čajkovskij per annullarsi tra pagine vibranti, contenenti una scrittura irta di difficoltà estreme. Alla base si ritrovano sentimenti personali,
intrisi di nostalgica malinconia, spesso quando la voce principale è punteggiata dalla grazia di una semplice canto o da un tema popolare.
A questo proposito, e in tema d’utilità, ci riempie di ammirazione il lungo sguardo che certi autori rivolgono alle tradizioni della propria terra, o ad altri colleghi del passato, coltivando l’idea di trovare le intime rappresentazioni di un pensiero musicale condiviso.
Così è la Suite di danze, il cui scopo viene spiegato da Bartók stesso: “E’ formata da sei brevi pezzi in forma di danza, di cui uno fa da ritornello e quindi ha funzione di Leitmotiv. Tutto il materiale tematico della composizione è ad imitazione della musica contadina; questo infatti era lo scopo della Suite: realizzare una specie di musica popolare ideale in modo che ogni parte rappresentasse caratteri musicali ben definiti. Mi sono servito di melodie di diversa provenienza: ungherese, valacca, slovacca, persino araba, talvolta mescolandole”.